La sommersione invernale consiste nella sommersione dei campi a riso dopo la raccolta della coltura, mantenendo per un periodo che va dall’autunno–inverno alla primavera successiva (minimo 60 giorni) una lama d’acqua di 5–12 cm.
Le tecniche conservative potrebbero portare ad una maggiore diversificazione delle problematiche malerbologiche:
Sono da preferire varietà di riso in grado di sviluppare un elevato accestimento, in modo da compensare le difficoltà nel raggiungere un adeguato investimento iniziale. Per la stessa ragione, la scelta di varietà con una elevata produzione di spighette per pannocchia può rivelarsi determinante per sopperire ad una riduzione della densità di culmi. Varietà caratterizzate da architettura e sviluppo dell’apparato radicale adeguati, sono inoltre importanti per un migliore sviluppo della pianta nelle specifiche condizioni del suolo.
Aspetti critici, che potrebbero ostacolare la diffusione della tecnica, riguardano l’evoluzione del quadro malerbologico e l’efficienza delle relative tecniche di gestione delle infestanti, nonché gli effetti delle pratiche sul suolo. Le tecniche di lavorazione conservative, infatti, soprattutto se ripetute per più anni consecutivi, potrebbero portare ad irregolarità nel piano degli appezzamenti con la conseguente necessità di ricorrere all’aratura. Sono da evitare inoltre le carreggiate prodotte dalla mietitrebbia alla raccolta, a causa degli effetti negativi sul suolo, che potrebbero essere eliminati soltanto con interventi invasivi. Risulta infine importante una omogenea distribuzione dei residui colturali alla raccolta per evitare problemi di germinazione della coltura e di controllo delle infestanti.
Le lavorazioni conservative generalmente permettono un risparmio sui costi di produzione. Il minor numero di interventi colturali, a profondità limitate e senza l’utilizzo di organi lavoranti azionati dalla presa di potenza consentono un significativo risparmio sul carburante. Non meno importante risulta la riduzione dei costi di manodopera, derivante da una maggiore velocità nelle operazioni di preparazione del suolo.
I risultati delle sperimentazioni e delle prove dimostrative mettono in evidenza come la tecnica della minima lavorazione, se eseguita seguendo le migliori pratiche di coltivazione, permetta di ottenere performance produttive paragonabili alla tradizionale aratura. Con l’utilizzo della tecnica di semina su sodo, di norma, si osservano livelli produttivi inferiori alla tecnica convenzionale. Tale risultato è da mettere in relazione ad un basso investimento iniziale della coltura non completamente compensato dall’accestimento.